Bartolo Mascarello (1927 - 12 marzo 2005) è stato un enologo italiano noto soprattutto per la produzione del vino Barolo. Bartolo entrò nell'azienda di famiglia, la Cantina Mascarello, nel 1945 e imparò a vinificare dal padre Giulio, che a sua volta era stato formato dal padre Bartolomeo.
Mascarello ha trascorso la maggior parte della sua vita a curare quattro piccoli vigneti in posizioni privilegiate: Cannubi, San Lorenzo e Rué a Barolo, e Rocche a La Morra. Ha preferito la vecchia scuola dell'assemblaggio di questi quattro appezzamenti, invece di imbottigliare da un singolo vigneto.
Partigiano adolescente durante la seconda guerra mondiale, fu soprannominato, insieme ai colleghi produttori Teobaldo Cappellano e Giuseppe Rinaldi, "l'ultimo dei Mohicani" per il suo ostinato rifiuto di far morire le tradizioni. Per anni, la posizione irremovibile di Mascarello lo ha fatto passare per un uomo di poco conto tra i suoi colleghi e i critici enologici italiani. Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, la critica internazionale e italiana lanciò un assalto ai Barolo tradizionali a favore di vini scuri con sensazioni di caffè e vaniglia derivanti dall'affinamento in barrique nuove. Mascarello divenne il custode della denominazione del Barolo tradizionale, aggrappandosi tenacemente ai metodi insegnatigli dai suoi antenati.
Il produttore - che deplorava il passaggio dalle grandi botti di Slavonia alle piccole barrique di rovere francese - creò persino un'etichetta speciale dipinta a mano "No Barrique, No Berlusconi". Ha spiegato: "No Barrique, perché sono contrario all'uso delle barrique nel Barolo - sono un produttore tradizionale. No Berlusconi perché non mi piace il suo modo di fare politica". Le etichette originali dipinte a mano sono oggi un oggetto molto ricercato dai collezionisti.
Mascarello, che per tutta la sua carriera ha avuto un nucleo di clienti fedeli da tutto il mondo, ha iniziato a ricevere anche il plauso della critica. Il mondo del vino italiano rimase scioccato ed entusiasta quando nel 2002 il suo vino ricevette un riconoscimento dalla principale guida enologica italiana, ribaltando anni di critiche.
Ironico e spiritoso, poco prima di morire dichiarò: "Quando è arrivato il momento di cambiare le botti di rovere ho fatto in modo di riempire ogni angolo della cantina, in modo che alla mia morte non ci fosse spazio per le barrique". Dopo la sua morte, la figlia Maria Teresa ha preso in mano la gestione dell'azienda, seguendo i metodi tradizionali del padre. Rifugge dal marketing e dalla promozione e non ha un sito web.